L’Uomo Che Guarda

L’Uomo Che Guarda
L’Uomo Che Guarda

L'Uomo Che Guarda è tratto (liberamente) dall'omonimo romanzo di Moravia. A detta di Brass, Moravia era felicissimo dell'interessamento del regista, i due erano amici e lo scrittore si aspettava molto dalla possibile trasposizione. Il progetto era già vivo all'epoca di Miranda, nel frattempo Brass girò altro, e quando recuperò l'idea de L'Uomo Che Guarda (1994), Moravia era passato a miglior vita; le sue eredi, Dacia Maraini e Carmen Llera, rifiutarono sdegnate di concedere i diritti a Brass. La Maraini in particolare aveva già fortemente criticato Brass ai tempi di Salon Kitty (dalle pagine de L'Unità), ritenendolo colpevole di aver dipinto le donne come prostitute, mercificato il loro corpo e svilito il loro ruolo nella società. Il film riprende piuttosto fedelmente le pagine del romanzo, a livello di plot, ma ne cambia totalmente gli umori e le atmosfere, trasformando la cupa morbosità di Moravia nel consueto gaio eros solare e giocoso di stampo brassiano. Come protagonista viene scelta Katarina Vasilissa, amazzone bionda indubbiamente bellissima ma piuttosto inespressiva; gran bel fisico ed ottime doti anatomiche, però poco incisiva per quanto riguarda la recitazione. Va meglio con Cristina Garavaglia, maliziosa e ammiccante come la Maraini non avrebbe mai voluto vedere.

Edoardo, detto Dodo (Francesco Casale), è un professore universitario scontroso, sposato con Silvia (Katarina Vasilissa), donna passionale, ambigua e per certi versi inquietante. I due vivono nella casa paterna di Dodo, con suo padre (Franco Branciaroli), un libertino invalido che non perde occasione per continuare a godersi i piaceri della vita, in particolar modo le donne, e tra queste Fausta (Cristina Garavaglia), una giovane e procace infermiera "tuttofare". Silvia lascia Dodo per un altro uomo e abbandona la casa. Dodo vive un periodo di confusione, durante il quale spia le avventure del padre sotto le lenzuola, vive di flashback e visioni oniriche. Ricorda quando da bambino sorprese i genitori durante un amplesso, immagina una spiaggia di nudisti sulla quale tutte le donne hanno il volto di Silvia. Un giorno Silvia torna da Dodo, i due riprendono a frequentarsi e la donna confessa al marito la sua relazione con un uomo che non ama ma dal quale è attratta sessualmente. Dai suoi racconti particolareggiati, Dodo coglie degli spunti che lo fanno sospettare che l'amante della moglie sia suo padre. Il dubbio rimarrà per sempre a Dodo che però ritroverà il gusto di "possedere" la propria donna. In una scena nella quale Dodo fa lezione ai propri studenti (tra i quali una mulatta lesbica con la quale avrà modo di approfondire la conoscenza), Brass non perde occasione per snocciolare riferimenti letterari, da Erodoto a Gide, da Mallarmé a Baudeleire, volti ad esplorare quanto più ampiamente possibile il tema del voyeurismo e del sesso, intesi come strumenti reazionari nei confronti degli schemi obbligati della società borghese e perbenista. Brass, con la sua consueta ironia, gioca a fare l'intellettuale tra le natiche di belle donne, impedendo così che il suo film venga declassato a mera pecorecciata di bassa lega, ma al contempo non volendosi neppure travestire da erotomane trombone con velleità intellettuale (vedere alle voci Antonioni, Bertolucci, per dire).

Al di là dello stretto rapporto con la letteratura, L'Uomo Che Guarda è un film quasi puramente estetico, che vive di bollenti episodi erotici, una stupenda fotografia, un sapiente gioco di luci, ed un tono scanzonato, leggero e frizzante che non può mai mancare nel Tinto Brass post 1983. Gli sfondi sono fondali, disegni teatrali stilizzati, succede nella scena del ristorante cinese, come ad esempio nel viaggio in auto tra Dodo e la sua studentessa, oltre a tutti i flashback che si rincorrono nella mente (e negli occhi) di Dodo. Paradossalmente tutte le esperienze del personaggio di Casale potrebbero essere addirittura una semplice proiezione della sua fantasia, qualcosa che non si è mai verificato nella realtà e che lui immagina dall'inizio alla fine. Il film sia apre con Dodo che contempla uno spogliarello della Vasilissa al contrario, un "vestirello", le cui vibrazioni sensuali sono urticanti. Come al solito si fa un ampio uso di membri posticci, fatto salvo quello di Casale, che in una scena pare sia in vera erezione (e si parlò di superamento dei confini del cinema erotico in direzione dell'hard....vabbé, per così poco; in Fallo Brass combinerà ben altro, mettendo in scena una vera fellatio, originale in tutte le sue parti). Branciaroli imita la voce di Brass, e pare quasi incarnare l'alter ego del regista nel film, assumendo spesso punti di vista un po' grossolani e goliardici che non si fa fatica ad attribuire a Brass. Molto valida la prova della Garavaglia, la quale ruba la scena alla Vassilissa per carica seduttiva e spiccata zoccolaggine. Tecnicamente il film presenta molte soluzioni brillanti, basta dare una lettura alla critica che ne fa Antonio Tentori per rendersene conto, critica particolarmente entusiastica e positiva, forse pure troppo, ma che perlomeno controbilancia la solita trombonata distruttiva e denigratoria operata dal Morandini. Non mancano i giochi di specchi e l'elogio del tradimento, capace di rivitalizzare rapporti affievoliti. Colonna sonora jazzy di Riz Ortolani.

Trailer ufficiale

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