Red Sparrow

Red Sparrow
Red Sparrow

Red Sparrow è una storia di spie, tratta dal romanzo Nome In Codice Diva (Red Sparrow in originale), scritto dall'ex agente della CIA Jason Matthews, ed esattamente come avviene nel mondo delle spie, fatto di apparenze, ambiguità, mimesi, inganni e mistificazioni, anche il film gioca con lo spettatore dispiegando sul tavolo le medesime carte (false). Il trailer descrive una vicenda che parrebbe non troppo lontana da una Missione Impossibile al femminile, con Jennifer Lawrence a prendere il posto di Tom Cruise. Un thriller raffinato, accattivante, con una discreta componente action e tanta seduzione. Vi stanno facendo vedere un pezzetto di verità, ma nell'essere quella che viene chiamata una "sineddoche" - una parte per il tutto - stanno allo stesso tempo scientemente dissimulando cosa il film veramente è, ed è molto altro, piuttosto altro, soprattutto altro. E' senza dubbio un thriller, ma affatto epico, muscolare e lucente come lo stereotipo della spy story hollywoodiana impone; c'è dell'azione ma è finalizzata a momenti specifici della trama e non risulta per nulla il "core business" del film; la seduzione poi è mostrata per ottenere l'esito diametralmente opposto, la penitenza, la condanna, la nemesi di se stessa, con il risultato che nudi e sensualità non mirano affatto ad eccitare lo spettatore bensì ad inquietarlo. In compenso c'è molta violenza, fisica, psicologica, esplicita, e questo il trailer non ve lo dice.

Red Sparrow è potente, amarissimo, intenso, nichilista, conturbante, nero. A fine visione non avrete quel senso di sollievo e quell'appagamento da risoluzione che mediamente vi lascia una storia di avventura adrenalinica e piena di eroi e villain. Le atmosfere sono sontuose e decadenti, e non potrebbe essere altrimenti, immergendo lo spettatore nelle architetture urbane di Mosca, Budapest, Vienna. Un'apparenza fatta di magniloquenza imperiale e lusso sfrenato, vestigia secolari che al proprio interno sono intrise di degrado, decomposizione umana, degenerazione morale. Le pedine del gioco sono maschere in continuo movimento, un'oscillazione di parvenze, facciate in perenne trasformazione, un vortice di possibilità che impedisce letteralmente di fidarsi, credere, abbassare temporaneamente la guardia.

Catapultati in questo mondo di ombre e specchi, si prova lo stesso disagio di Dominika Egorova (Jennifer Lawrence); non mi aspettavo tanta crudezza e brutalità, così come non se le aspetta Dominika, la quale non ha scelta, può solo andare avanti lungo la strada che le è stata indicata, senza tornare indietro. Così se come spettatore inizialmente mi sono sentito quasi tradito, ingannato, col trascorrere del tempo ho avvertito l'immedesimazione con il personaggio, l'empatia, ho visto il percorso comune. La stratificazione di livelli è disorientante; ogni qual volta un personaggio parla e si rapporta a terzi si viene colti dalla vertigine della verità contro la menzogna, quale delle due sta venendo disattesa, quante zone d'ombra e quanti livelli di sfumatura ci sono tra l'una e l'altra? Un labirinto di sfiducia, insidie e pericoli che trasforma automaticamente qualsiasi individuo in un concentrato di egoismo e lotta per la sopravvivenza.

Bellissima, sofferente ed espressiva Jennifer Lawrence, con uno sguardo in grado di penetrare il metallo. Apparentemente fredda ma al contempo un ribollire di emozioni (non necessariamente tutte positive, anzi). Splendida etoile, ragazza dimessa che si prende cura della propria madre malata, anonimo soldato in grigio, possente escort glamour al servizio dello Stato, scaltra e risoluta vendicatrice di se stessa e della propria dignità, tante parti in commedia tenute assieme da un volto, un fisico ed una recitazione davvero strabilianti. Pregevole anche il cast di contorno, fatto di attori emergenti e/o (a me) sconosciuti, fatto salvo ovviamente il perverso Jeremy Irons, perfetto per i ruoli machiavellici e sfuggenti.

La regia di Francis Lawrence (presumo solo omonimo di Jennifer) è intelligente e sottile, sa valorizzare gli antipodi delle ambientazioni est europee, la regalità e lo squallore, le luci e le ombre, gli spazi ampi e quelli angusti ed opprimenti. Le poche scene d'azione lasciano il segno, tutte ottimamente ritmate e coreografate, all'insegna della concretezza. Ci sono un paio di momenti molto forti emotivamente e non te li aspetti, perlomeno non a quel livello di intensità. Fanno male ma sono necessari. Non tutto è perfetto, la parte alla scuola statale per l'addestramento delle sparrow ha qualcosa di troppo sopra le righe, a tratti pareva di essere in un nazierotico degli anni '70, ai limiti della exploitation, anche se con un budget mille volte superiore a quello dei Luigi Batzella, dei Mario Caiano, dei Rino Di Silvestro. Sarà anche l'effetto cortocircuito derivante dalla presenza di Charlotte Rampling, non nuovissima a questi contesti (La Caduta Degli Dei, Il Portiere Di Notte). Così come qualche confessione di verità inconfessabili arriva troppo presto, troppo facilmente, ma credo che questo attenga più alla necessità di sintetizzare in due ore di film le centinaia di pagine di un libro che ad una reale défaillance di Francis Lawrence.

A conti fatti Red Sparrow è un film davvero affascinante, duro e meraviglioso al contempo. Sorprendentemente il suo alto profilo non è stato riconosciuto dalla critica, abbastanza tiepida e comunque contraddittoria al riguardo, né ha riscosso un particolare successo al botteghino (americano). Si è parlato di una eccessiva stilizzazione che prevale sulla sostanza, ed è curioso poiché - benché di stile ne abbia da vendere - è proprio la critica che non muoverei a Red Sparrow ma che semmai indirizzerei a qualche altro campione di'incassi molto amato dal pubblico Usa (Nolan, Mendes, Rodriguez, etc.); purtroppo in America è spesso un po' così, se non comprendono bocciano, accade anche a Soderbergh, per dire, altro gigante.

Trailer ufficiale

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