Zora La Vampira

Zora La Vampira
Zora La Vampira

Dice Wikipedia: "Zora la vampira è un fumetto italiano di genere erotico edito in diverse serie a partire dal 1972", le sue avventure mescolano horror, erotismo e pornografia (soprattutto sul finire della sua parabola) e rientrano a pieno in quel filone tipicamente italiano e settantiano dei comics che mescolavano appunto il sexy e l'horror, spesso prendendo in prestito le fattezze delle scollacciate eroine cinematografiche "di genere" coeve, e influenzando a loro volta quel mondo lì (Zora ad esempio assomiglia a Catherine Devenvue; un'altra vampira, Sukia, il cui nome non lascia adito a dubbi di sorta, era spiccitata a Ornella Muti, etc). Cultori sia del cinema di genere che della musica e dei fumetti della golden age dei Seventies, i Manetti Bros si fanno notare agli esordi proprio con una pellicola dedicata a Zora (almeno in parte).

La vampira delle pagine in bianco e nero (ma copertine a colori) era una giovane aristocratica del XIX° secolo posseduta dallo spirito di Dracula, al servizio del quale soddisfava la sua insaziabile sete di sangue e sesso; i Manetti la trasformano in una graffitara coatta romana degli anni 2000 (Micaela Ramazzotti) e focalizzano l'attenzione sul conte Dracula stesso (Toni Bertorelli), il quale entra in contatto con Zora, se ne innamora e in qualche modo la soggioga. Nel mezzo però avviene tutto il resto, ovvero le difficoltà di un conte dimesso, depresso e in crisi finanziaria, che raggiunge l'Italia dopo aver fantasticato sulle opportunità offerte dallo Stivale guardando i peggiori show televisivi prodotti dalle nostre emittenti. Stanco del sangue marcio dei connazionali romeni, Dracula sogna il fresco nettare di giovani donne, felici e benestanti, in un paese fatto di arte, poesia, eleganza e meraviglia architettoniche. Il primo scontro con la realtà avviene alla frontiera, quando Dracula ed il suo servitore risultano essere né più né meno che degli extracomunitari senza permesso di soggiorno. Entrato illegalmente in Italia grazie alla malavita albanese, Dracula deve adattarsi ad una magione sciroccata e decadente alla periferia di Roma, imbattendosi in trans che "esercitano" in strada, scooteristi cafoni, degrado e povertà. L'unico alito di vita del quartiere proviene da un Centro Sociale nel quale si agitano scompostamente rapper di quart'ordine, tossici, ladruncoli, rivoluzionari velleitari e Zora. Quando Dracula la incontra non può non rimanerne suggestionato, pensando continuamente al suo grande amore perduto il cui nome era proprio Zora. Nonostante la differenza d'età, tra i due si instaura un rapporto di fiducia, mentre nel frattempo Roma inizia a subire le conseguenze dell'avvento del vampiro, sempre più uccisioni e sempre più non morti che tornano in vita compiendo altri sanguinosi delitti. Delle indagini è incaricato il commissario Lombardi (Carlo Verdone), totalmente inetto; saranno infatti due rapper, Zombi (Chef Ragoo) e Lama (G Max), a scoprire cosa sta accadendo e porvi rimedio.

Non fu accolta benissimo la pellicola dei Manetti; nel circuito dei B-movie (a cui si rivolge per naturale elezione) si criticò per inconcludenza ed aspettative deluse rispetto alle premesse. Poco sangue, poco sesso, poco "genere". Fuori dal mondo "stracult" un film simile venne recepito come un'operetta trash indegna della minima considerazione (come del resto accadeva alle pellicole di genere degli anni '70). Non mancarono neppure pareri entusiasti ma non si trattò per i Manetti di una partenza col botto, e del resto ancora oggi le produzioni dei fratelli romani dividono abbastanza pubblico e critica. Di certo bisogna sposare un codice comune per godere del loro linguaggio cinematografico. Zora, come tutto il cinema dei Manetti, è fortemente debitore di mille citazioni e rimandi altrove, pur bilanciando tanta attenzione al passato con altrettanta creatività e talento propri. Quello di Zora - il fumetto - è uno spunto, per altro non l'unico, visto che andrebbe considerato anche Blacula, l'exploitation l'horror americano del '72; accanto a questi va inserito tutto il background delle periferie (il film è ambientato a Ostia) e del sottobosco del rap underground (Tormento, Flaminio Maphia, etc., sono tutti amici storici dell'entourage dei Manetti). Zora non è tanto un omaggio al cinema di genere quanto una parodia citazionistica che focalizza con ironia lo stato dell'hinterland romano all'alba del nuovo millennio. Un'umanità di ultimi, dove buoni e cattivi si mischiano e si confondono, dove la vera differenza sta tra vittime designate e sfruttatori, con la constatazione finale che i veri mostri sono i "normali" (un po' facile, d'accordo, ma non stiamo parlando di un film denuncia di Francesco Rosi o Marco Bellocchio). Senza contare che Zora è sostanzialmente l'opera prima dei nostri (che pure avevano diretto un episodio del film collettivo DeGenerazione e un piccolo film per la Rai), quindi sconta ancora una certa acerbità.

L'idea è buona, attualizzare la vicenda di Dracula e "ridicolizzarla" in un contesto di ignoranza sociale e "problema immigrazione". What if...cosa accadrebbe se il conte transilvano vivesse al giorno d'oggi e dovesse fare i conti con la crisi, la perdita di valori ed ideali e fosse equiparato ad un qualsiasi romeno o albanese che tenta maldestramente di varcare il confine in preda alla disperazione? L'accusa di non essere un vero film su Zora, e nemmeno un vero film di vampiri (sulla scorta magari degli horror italiani dei Fulci, dei Margheriti e dei Freda) è ingenerosa perché ideologica e intransigente. E' d'altra parte vero che la pellicola non è totalmente riuscita, ha dei vuoti di sceneggiatura dovuti al fatto che si procede per episodi e situazioni sfilacciate, senza una vera e propria evoluzione narrativa forte. La riuscita è più che altro affidata alle comparsate dei personaggi, amici della ganga dei Manetti, che si prestano a vario titolo a comparire e dir battute. Accade così anche per lo stesso Verdone, che sposa convintamente il progetto e si mette al servizio dei fratelli con un commissario sborone, fascista e "cobresco", aggiornando il suo stilema di coatto romano. Giusti sostiene non a torto che il cast non è azzeccatissimo; la Ramazzotti rende poco e Bertorelli, ancorché grandissimo e generoso attore, stride col contesto iper giovanilistico, ma l'effetto voluto era pure un po' quello, e personalmente non mi sento di stigmatizzare granché il suo mesto e malinconico conte Dracula. La platea di ragazzotti rappettari non ha personalità forti, però è divertente cogliere qua e là qualche faccia che poi diverrà nota al pubblico televisivo, tipo Alessia Barela (la tossica con le visioni) nel cast di parecchie fiction tv come La Squadra, Distretto Di Polizia, Tutti Pazzi Per Amore, o Elda Alvigni, poi star de I Cesaroni. Parecchi i cameo, c'è James Senese tra i comunisti de' noantri, c'è Valerio Mastrandrea pescatore hippie di frodo, c'è Selen tra le geishe di Dracula (proprio come quello di Coppola aveva la Bellucci), praticamente una citazione dentro un'altra citazione, visto che la pornostar aveva girato nel '94 proprio una trasposizione hardcore del film con Gary Oldman. Indimenticabile Sandro Ghiani, lui si tra i protagonisti del cinema di genere anni '70, che fa ovviamente il sardo (Cuccureddu), Ivo Garrani prete poco convinto, e lo stesso Marco Manetti, che si riserva il ruolo di Bue, sorta di Che Guevara taglia forte.

Le musiche hanno una discreta importanza, naturalmente tutte di taglio hip hop, con scorci e cartoline dall'interno di quel mondo, con ampi stralci di esibizioni sui palchi del centro sociale. Zora, pur con le sue pecche, rimane a mio modo di vedere un esperimento interessante, che richiede almeno una buona predisposizione in chi guarda, avulsa dal pre-giudizio, e sufficientemente aperta nel comprendere che il film ha un suo metro, un suo stile, una sua visione, anche se non compiuti al 100%. E' un indizio di cosa sarebbe diventato di lì a poco il cinema dei Manetti, coppia di cineasti preziosissima per il nostro mondo in 35 mm, poiché tra i pochissimi, se non gli unici, a tentare (spesso con budget ridotti) coraggiosi percorsi personali, eterodossi e provocatori, rispetto al pigro e decadente cinema italiano delle commedie psicanalitiche tutte uguali, dei piagnistei esistenziali e dei peti natalizi di Neri Parenti e De Laurentis.

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica